I SOFISTI E LA NASCITA DELLA PAIDEIA






 Il termine sofista  indica i primi insegnanti a pagamento degli aspiranti politici. I sofsti intendono insegnare l’areté politica, cioè la tecnica con cui un uomo politico può sostenere in pubblico le proprie tesi e sconfggere quelle degli avversari. La nuova virtù consiste nell’abilità dialettica e retorica, cioè nell’arte del linguaggio.
Le tecniche insegnate dai sofsti sono due:
• la dialettica, che consiste in un serrato dialogo tra due o più interlocutori, nel quale ciascuno cerca di provare razionalmente la validità delle proprie posizioni confutando quelle dell’avversario;
• la retorica, che consiste in lunghi discorsi con i quali persuadere un vasto uditorio. La persuasione fa spesso appello a desideri, paure, speranze piuttosto che ad argomenti razionali.
Grazie a queste capacità, il politico può scendere nell’agone politico, cioè in un confronto tra diverse parti: è la stessa areté agonale di Omero trasposta dal campo della guerra a quello della politica. Perciò, accanto alla retorica e alla dialettica, i sofsti pongono il possesso di un sapere enciclopedico come condizione per il successo politico. Nell’ambito del loro insegnamento entrano dunque la poesia, il mito e le scienze. In questo modo vengono gettate le basi della paidèia greca, di un insegnamento il cui obiettivo è la cultura generale.
 I loro maggiori rappresentanti, ritengono che non esista alcuna verità assoluta:
 • Protagora di Abdera (484-411 a.C.) aferma: “L’uomo è la misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono”; ciò signifca che la verità è quella che gli uomini decidono sia tale.
Gorgia da Lentini (483-375 a.C.) aferma a sua volta: “Nulla è; seppure qualcosa è, non è conoscibile; seppure è conoscibile, non è comunicabile”; quindi tutto sta nelle nostre capacità di persuasione e Gorgia stesso si pronuncia a favore e contro la stessa tesi, per dimostrare che l’unica realtà è il linguaggio.
Per queste parole i sofsti sono stati accusati di scetticismo, perché hanno affermato che non è possibile conoscere nulla con certezza, e di nichilismo, perché hanno afermato che non esistono verità assolute. Essi hanno però avuto il grande merito di contribuire alla democratizzazione della politica e del sapere, sostenendo l’insegnabilità della virtù a tutti e di conseguenza l’importanza dell’istruzione e dell’educazione.

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