Il cristianesimo si trova ad affrontare una doppia sfida: una, dall’esterno, portata dalla società
e dalla cultura pagane contro la nuova fede, accusata di essere pericolosa per
la stabilità politica ed economica dell’impero; l’altra, interna, a causa delle
diverse interpretazioni dello stesso messaggio cristiano. Già dal II sec. d.C.
compaiono le prime vere scuole cristiane. Questi
centri educativi, oltre alla dottrina cristiana, insegnano anche elementi di filosofa greca. I primi maestri cristiani vengono
chiamati didàskaloi. Una delle prime e più importanti scuole sorge, verso il
190, ad Alessandria d’Egitto. Nella Scuola di Alessandria vengono insegnate le sette arti liberali, stabilendo un contatto tra
tradizione classica e cristianesimo. Con il catecumenato,
attraverso lo studio della Bibbia, si educa complessivamente al cristianesimo,
preparando al battesimo e all’ingresso nella comunità dei credenti.
L’educazione prevede due livelli formativi: uno
per gli incipienti, che vengono preparati per il
battesimo; uno per i competenti, per i quali si
cura una preparazione più approfondita. Qui compare la figura del sacerdote, al quale viene affidato il compito educativo nella comunità dei credenti. Un
ruolo fondamentale lo svolge il battesimo:
averlo già ricevuto o meno decide se si è idonei ad accedere a un livello
superiore di studi. Il battesimo infatti è per i cristiani una testimonianza
pubblica di fede. Sotto la doppia esigenza di combattere i nemici interni ed
esterni, il cristianesimo deve dotarsi di strumenti culturali più raffinati,
che ricava dalla filosofia greca. La Patristica si
impegna in un confronto con le correnti più
mature della filosofia greco-romana, come il neoplatonismo
e lo stoicismo e con i testi del
giudaismo, come Vecchio e Nuovo Testamento. Il grande dibattito dottrinario e filosofico
influenza complessivamente anche il modo di intendere l’educazione
e la pratica didattica.
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